Gli imperi romano e spagnolo in una città…
GPB per “Europa, Città da Scoprire” Edizioni TCI
Se la bella Cremona è nota in Italia come il capoluogo delle tre T, la castigliana Segovia potrebbe essere definita la città delle tre A: Acquedotto, Alcazar e Arrosti. E non stoni l’abbinamento di imponenti opere di ingegnerìa e di architettura con i peccati di gola. Il segoviano -come tutti gli altri corregionali delle nove province componenti la Comunidad Autonoma de Castilla y Leòn- vanta appetiti robusti, fosse solo per combattere il freddo che scende sulle loro città per gran parte dell’anno, complice l’altitudine (Segovia è situata a 1.008 metri sul livello del mare, ai piedi della Sierra de Guadarrama).
La storia della città (circa 60.000 abitanti) è antica. Fu insediamento Arevaco, conquistato nell’80 A.C. da Tito Livio per una dominazione romana di cui è superfluo evidenziare l’importanza. Dopo i soliti secoli bui dell’alto Medioevo, l’invasione araba nel 711 non concesse a Segovìa gli stessi momenti di splendore goduti da altre città della Spagna. Fu sì capitale, ma di uno dei tanti piccoli regni noti come Taifas. Liberata daiMoros nei primi anni della Reconquista, grazie ad Alfonso VI di Castiglia (1088), Segovia deve il suo momento di massimo splendore alla dinastìa castigliana dei Trastàmara, soprattutto ai re Juan II ed Enrique IV (XV secolo). La città divenne sede vescovile, commerciò con il nord della Spagna i prodotti dei suoi allevamenti e di una precoce industria tessile, grazie anche a una consistente comunità ebraica di cui sono tuttora visibili alcune tracce. Con la corte residente pressoché stabilmente nell’Alcàzar e l’incoronazione di Isabella la Cattolica nella chiesa di San Miguel (1474), Segovia divenne la virtuale capitale del regno di Castiglia. Ma solo per breve tempo. Schieratasi contro il potere assoluto di Carlo V, soprattutto per la progressiva perdita dei vantaggi propiziati dai re castigliani (non a caso il segoviano Juan Bravo fu uno dei capi della rivolta dei Comuneros), Segovia fu sconfitta dal primo re Absburgo di Spagna nella cosiddetta Guerra de las Comunidades e si trovò ad affrontare un paio di secoli di decadenza quantomeno politica (i traffici e l’industria tessile non subirono crisi). La città ricevette nuova spinta all’inizio del XVIII secolo con l’arrivo dei Borbone-Angiò (primo monarca Filippo V), grazie alla costruzione –nelle vicinanze- dei Reales Sitiosde La Granja de San Ildefonso e di Riofrìo.
Cantata da Antonio Machado e dipinta da Ignacio Zuloaga, Segovia gode di una buona ‘rendita turistica’ (e ‘gastronomica’) dopo essere stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, (1985), con vantaggi accentuati dalla vicinanza a Madrid (88 kilometri). A fronte di una certa dipendenza nei confronti della capitale della Spagna –con conseguente difficoltà nello sviluppo e nella promozione delle infrastrutture turistiche e alberghiere locali, non esaltanti- il commercio locale trae buoni guadagni dalla visita di turisti giornalieri in arrivo da Madrid (in una escursione generalmente abbinata alla visita della non distante Avila).
Si aggiunga poi che Segovia non è solo mèta di turisti, esteti e aficionados all’arte e alla Storia, ma anche (non pochi madrileni vi compiono un viaggio solo per motivi di gola) di gastronomi, gourmets o gourmands che siano (in Castiglia si mangia bene, nel senso di genuino, ma –come già accennato- anche e soprattutto robustamente). Gli Asados (arrosti) di Cochinillo (maialino, porchetta), il Cordero lechal (agnellino), il Cabritillo(capretto) costituiscono la grande attrazione della Cucina Segoviana, la prima ‘industria’ di città e provincia con i tanti Hornos de Asar(ristoranti specializzati negli arrosti al forno). A Segovia un Maestro Asador (capostipite il mitico Candido) è più noto e stimato di un bravo professionista o ricco imprenditore in altre città spagnole. L’offerta diretta al palato non si limita comunque alle sole carni arrosto. Il Chorizo(salame) di Cantimpalo apre lo stomaco, la Sopa Castellana scalda e fornisce sapori contadini nei mesi freddi, la miglior selvaggina -Perdiz(pernice) e la Codorniz (quaglia)- figura regolarmente nei menu di ristoranti anche non lussuosi. Vanto locale, i Judiones (grossi fagioli) de LaGranja (fattoria, podere) de San Ildefonso (noti in Italia come i Bianchi di Spagna).
LA VISITA
Acquedotto
Monumento Patrimonio dell’Umanità, fu costruito sotto Domiziano e parzialmente ricostruito da Traiano. Si tratta dell’acquedotto romano più conservato, con irrilevanti modificazioni apportate nel corso dei secoli. L’acqua giungeva dal fiume Acebeda dopo un percorso di 18 kilometri, fino agli archi (43 inferiori, 123 superiori) dell’acquedotto vero e proprio misurante 728 metri con un’altezza massima di 28,10 metri. Questa incredibile opera di ingegnerìa (7.600 metri cubi per un peso di circa 20.025 tonnellate) unì a secco gli enormi blocchi squadrati di duro granito. Sotto El Acueducto la Plaza de Azoguejo fu nei secoli mercato della Comarca e centro di contrattazioni.
Alcàzar
Fortezza (questo significa in arabo) di incerta origine, forse celta o romana, sullo strapiombo formato dai fiumi Eresma e Clamores, fu ricostruita nel XV secolo. Sovente sede delle Cortes Generales, da queste mura, nel 1474, Isabella uscì per essere incoronata regina di Castiglia. Poco meno di un secolo dopo (1570) fu teatro delle nozze di Filippo II con Ana de Austria. Nel 1762 Carlo III la volle Accademia di Artiglierìa. Interessante una visita, tra soffitti artesonados, arazzi, mobili, dipinti e una ricca collezione di armi e armature di differenti epoche.
La cattedrale
Per la sua eleganza, in Spagna è nota come La Dama de las Catedrales. Ultimo esempio di stile gotico rinascimentale fu costruita tra il 1525 e il 1577 (ma la consacrazione ebbe luogo poco meno di due secoli dopo) da Gil de Hontañon e dal figlio Rodrigo, in sostituzione della Catedral Vieja distrutta nel 1510 durante la Guerra delle Comunidades. Notevole la semplicità della facciata, sovrastata da un’imponente torre di 112 metri. All’interno, un altare maggiore barocco del Sabatini, la gotica statua della Virgen de la Paz in argento (XIV secolo) e nella quinta cappella un Retablo (pala di altare) di Juan de Juni (1571). Bello il chiostro gotico hispano-flamenco di Juan Guas.
Calle Real
Costituisce il cordone ombelicale di Segovia collegando la Plaza del Azoguejo, sotto l’Acueducto, alla Plaza Mayor, quindi alla Catedral, ed è formata dalle Calles Cervantes, Juan Bravo e Isabel la Catolica. Percorrendo questa strada pedonale in salita si ammirano i palazzi De Los del Rio (XVI secolo), de Los Torreagero (XV-XVI secolo) e del Conde de Alpuente (XV).
Plaza Mayor
Non vanta esaltanti bellezze artistiche e monumentali ma possiede il pregio di rappresentare una tipica Plaza Mayor di una città spagnola di provincia. E’ presente il seicentesco Ayuntamiento (municipio) con la facciata di granito, di fronte la chiesa di San Miguel (XVI secolo, tre belle statue sulla facciata) nella quale fu incoronata regina di Castilla Isabella la Cattolica). Nella Plaza non mancano i portici –con innumerevoli caffè e bar ‘de tapas’- sotto palazzi e case d’epoca dalle finestre ‘rinforzate’ contro il vento della Meseta (l’altopiano della Castilla y Leòn). Sul lato occidentale la mole la cattedrale.
San Martìn
Nella Calle de Juan Bravo (una via della Calle Real), la chiesa (XII secolo) in ‘romanico segoviano’ a pianta quadrata, con un triplice atrio di doppie colonne, tre absidi, una torre Mudèjar e un tiburio. Importanti, un Cristo giacente di Gregorio Fernandez e due trittici della scuolahispano-flamenca.
Chiesa de la Vera Cruz
Fu eretta nel XIII secolo dai Templari su pianta centrale poligonale, con tre absidi e una torre. L’interno si presenta sobrio e ‘misterioso’ con una navata circolare su due piani e un altare romanico al piano superiore sormontato da una interessante cupola califfale. Sotto la torre la cappella del Lignum Crucis (un pezzo della croce di Cristo). Dal piazzale, magnifico il panorama di Segovia, con l’Alcàzar in primo piano (sullo sfondo, le montagne della Sierra de Guadarrama).
Nelle vicinanze di Segovia
Palacio de Riofrìo
A 11 kilometri da Segovia, in un parco frequentato da cervi e gazzelle, il neoclassico palazzo reale fu voluto nel 1754 dalla regina Isabella Farnese (disegno del Ravaglio) come Casino di caccia del marito, Filippo V. Oggi interessante museo della Caccia, esibisce collezioni di armi possedute da vari re spagnoli (da Filippo V a Alfonso XIII) e rappresentazioni di caccia (molto belli gli arazzi) con dipinti di Velàzquez, Rubens, Snyders.
La Granja de San Ildefonso
A 12 kilometri da Segovia, a 1.200 metri di altitudine, entusiasma questo decoratissimo palazzo reale voluto da Filippo V nel 1721 su progetto di Teodoro Ardemans (disegni di Juvarra e Sacchetti). Una piccola Versailles (Filippo V fu il primo re Borbone) terminata in soli tre anni (più lunga –una ventina d’anni- fu la costruzione dei giardini, su circa 150 ettari, con numerose fontane e statue). L’interno è un vero museo, ricco di quadri, mobili, orologi e lampadari, ma ciò che soprattutto colpisce e la straordinaria collezione di arazzi. Nella Capilla Mayor o Colegiata le tombe di Flippo V e di Isabella Farnese.
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