MEDINA DE RIOSECO E LA MARAGATERIA …

gpb x mondointasca.org del 27/9/2007

Medina de Rioseco, una calle

Medina de Rioseco, una calle

Nella puntata precedente, dopo aver compiuto congiuntamente una bella gita di cinque giorni in Aragona, Navarra, Paìs Vasco e Castilla y Leòn (ultimo piacere, la visita ai Giacimenti fossili umani di Atapuerca) lo scrivano accompagna Sergio all’aeroporto di Valladolid, nel quale, oltre allo spagnolo/castellano, idioma locale, non è infrequente ascoltare la dolce non meno che musicale lingua bergamasca. Questo fenomeno è dovuto – scopre dopo attenta indagine lo scrivano – al collegamento aereo Ryanair Bergamo-Valladolid. Su un cui volo arriva la Lady Two Marcella che sostituisce Sergio, imbarcantesi sullo stesso aereo per tornare nel Belpaese.

Caricata Marcella sull’auto si parte da Valladolid per Medina de Rioseco, gradevole località castellana, un tempo sede di una bella spedizione taurina dello scrivano con i consoci del Club Taurino Milano. Motivazione della gita, una corrida, o più prosaicamente, il sacrificio finale del “cornupeta” dopo i “passaggi” che si compiono con la “capa” e la “muleta”, ma senza i “tercios” di “picadores” e “banderilleros”. Protagonisti della vicenda, il nostro amico Marchetti e un giovanissimo toro (aveva poco meno di due anni: nelle “normali” corride si “lidiano” i tori di tre anni compiuti, è il caso della “novillada”, e di quattro anni se si tratta di una “vera” corrida.

“Torito e Cordero”, vittime predestinate
Non occorre essere Hemingway per capire che un “acontecimiento taurino” vantante come “espada” un attempato e stempiato titolare di una fabbrichetta metalmeccanica milanese “valeva il viaggio” in una simpatica località agricola della “meseta” castigliana da parte dello scrivano e della quasi dozzina di “aficionados a los toros” meneghini. Né lo scrivano intende rubare il posto a Hemingway, narrando che il Marchetti, sì, accoppò il povero (e quasi imberbe) “torito”, ma la fatica e l’ansia richiesti dalla bisogna determinarono una sorta di panico generale che risultò sopito soltanto dopo una cena in cui fu divorato un intero “cordero” (va anche detto che come arrostiscono l’agnello nella Castilla y Leòn….) innaffiato (così, almeno, si diceva un tempo) da corposo vino della Ribera del Duero.

L’avventura di un torero toscano
Che paciata, ragazzi, quella del Club Taurino Milano a Medina de Riseco festeggiante il “triunfo” di Marchetti da cui l’ingresso nell’ “Areopago” dei toreri (vabbè, novilleros) con l’ “apodo” (soprannome) di Mazzantini III.
Roba seria (l’acquisito status di Marchetti torero) perché seria fu la vicenda del Mazzantini I. Figlio di un toscano emigrato in Spagna a metà dell’Ottocento a costruire ferrovie, il capostipite della dinastia ora proseguita da Marchetti fu prima grande torero (punto di riferimento nella storia della Tauromachia) eppoi importante personaggio dello Stato (“Gobernador Civil”, dicasi un nostrano prefetto).
Poiché i due organizzatori della Fiesta Marchettiana non sono reperibili (il “matador”, almeno questo “vero”, Jorge Manrique è in tournèe, il padre macellaio soprannominato Taca Taca è defunto) allo scrivano e a Marcella non resta che proseguire dopo un pit-stop al ristorante “Santamaria” per la degustazione di umili ma sapide patate “a la importancia” e di sontuosi porcini. E’ infatti ovvio che anche in Spagna (solo nel nord Europa i funghi riscuotono scarso interesse e in alcuni Paesi non vengono nemmeno mangiati) il Boletus Edulis sia particolarmente apprezzato e generalmente viene surgelato in fette molto grosse che trattengono maggior sapore.

Maragatos, “corrieri” speciali
Mèta del trasferimento pomeridiano la Maragateria. Un territorio, “comarca” (a ovest della provincia di Leòn, al confine con la Galizia, principali località Astorga, Luyego, Santiago Millas, Lucillo, Santa Colomba, Brazuelo) assai intrigante per i bei paesaggi, su un altopiano di circa mille metri sovrastato dai duemila e duecento del monte Veleno, sacro agli antichi romani e soprattutto per le vicende dei suoi abitanti. Ma cos’hanno mai combinato i Maragatos (oltre ad avere inventato un “cocido”, bollito misto per cui vanno assai noti)?
Facile da spiegare, e anche interessante. Cominciato verso il XVII secolo l’umile mestiere di “arrieros” (mulattieri) trasportando merci nelle città spagnole, questi corrieri DHL ante litteram raffinarono il loro knowhow dando vita a una sorta di servizio postale (vedi i bergamaschi Thurn und Taxis). Dopodiché, dimostrata professionalità ed estrema onestà (un Maragato mantiene sempre la parola data) estesero il knowhow alla consegna e custodia di documenti, valori, preziosi e successivamente alla gestione di affari di ogni genere. Un sì lucroso business, arricchì tremendamente questi bravi montagnini e fu così che i Maragatos divennero in Spagna una Corporazione tanto rispettata quanto potente.

La “Señora Camino”, regina dei fornelli
Arrivati a Luyego de Somoza dopo aver lasciato il Camino de Santiago ad Astorga e attraversati alcuni paesi della Maragateria (a Lagunas de Somoza fa tenerezza una umile chiesa di pietra con “espadaña”, campanile a vela) lo scrivano e Marcella si apprestano a vivere una piacevole esperienza (turistico-alberghiera, gastronomica e personale) allaHosteria Camino, beninteso targata Rusticae.
Inciso curioso (almeno per uno straniero, perché il nome è davvero poco comune), per Camino non si intende un cammino o percorso, né tanto meno si fa riferimento al vicinoCamino de Santiago: trattasi solo del nome proprio (non raro a Leòn) della gentile padrona dell’hotelito (solo nove camere, tutto in legno e pietra, arredamento accurato con pezzi originali scovati dopo lunghe ricerche). E Camino è pure eccelsa “cocinera”.

Un’abbuffata di funghi porcini
“Da inginocchiatoio”, per lo scrivano il massimo dei voti, tipo le tre stelle Michelin, la cena da lui goduta con la Lady Two, o per meglio dire un festival mangereccio a base di funghi: “sopa de boletus”, “croquetas de boletus”, “boletus con gambas” (gamberetti), “revuelto” (uova strapazzate) con boletus, “boletus en hojaldre” (pastasfoglia). Che più? Quanto alla piacevole esperienza personale lo scrivano fa riferimento alla conoscenza della bella famiglia Laceras. Che oltre alla già lodata mamà Camino, è composta da papà Josè Luis e tre baldi figli.
Il genitore, pendolare direttore di banca in una località poco distante, un bel giorno decise di trasformare la famigliare casa di campagna nell’attuale bel “hotelito rural”. Che cosa impiegò? I soliti strumenti: tanta passione, voglia, entusiasmo, “olio di gomito” (dove si intende vero e proprio faticoso lavoro manuale) e perseveranza (nel girare per antiquari alla ricerca di mobili e oggetti del tempo che fu).
Risultato? Un grand “exito” (successo). Aperta l’Hosteria del Camino i tre bravissimi, simpatici e spumeggianti figli di Josè Luis e Camino si sono spontaneamente arruolati per lavorarvi con un entusiasmo assai raro.
Sarà l’aria della Maragateria.