A scuola di Bio dal mio amico Giovanni, donchisciottesco sognatore di campi mondati da schifezze della chimica e quant’altro ammorba madrenatura e le nostre busecche …
gpb per mondoinntasca.org del 27/9/2011 (nella foto di copertina, un neo-molino sul Po….)

Campagna ferrarese

Campagna ferrarese

Il viver sano passa dal “Bio” e dopo l’incontro nella campagna di Ro ferrarese di Giovanni, Don Chisciotte dell’Agricoltura Biologica, mio maestro e “Bio Sognatore” comincio a crederci anch’io (fa pure rima …).

Quando il raccolto è “bio”
Se si parla di “Bio” tutta la mia esperienza conoscitiva era limitata allo scaffale degli Yogurt al Supermercato, laddove, novello Amleto, mi ritrovavo puntualmente assalito dal dilemma: “Bio o non Bio”? Tanta, prolungata ignoranza (ma cosa sarà mai ‘sto “Bio”? mi chiedevo, altro che il Carneade) andava prima o poi annullata. Sì, però, come cacchio puoi saperne di più sul “Bio” se poi ti ritrovi a vivere in mefitici habitat milanesi tra NO2, PM10, O3 e asfalto farcito di polveri sottili (bei pirla quegli urbanisti che a fine anni ’30 interrarono i Navigli)?

La fatica del Biologico a Ro ferrarese
Ma un bel giorno eccomi in campagna, a Ro (i parchi contadini del ferrarese risparmiano financo la “acca” superfluamente esibita dalla Rho lombarda) dal Nicola, che mi presenta il Giovanni Dalle Molle. E fu così che – col risultato di essere divenuto (quasi) un libero docente in prodotti della terra non contaminati dalle schifezze – ho potuto eliminare la lamentata “Bio-lacuna”, prima conoscendo eppoi intervistando il sullodato Don Chisciotte dell’Agricoltura Biologica. Appunto un Eroe cervantino, come tutti gli altri suoi omologhi e compagni di lotte, perché ci vuole proprio una bella rama di pazzia per andare a sfruculiare con la sola lancia in resta – mi riferisco ai pochi mezzi disponibili per farsi “l’areclàm”, se si eccettua il passaparola – quei potenti mulini a vento delle industrie sovente accusate di ricorrere al doping, chiamalo uso di transgenici, Ogm o quel che l’è.

Impariamo a conoscere gli elementi di “Biologicità”

Traghetto a Polesella, tempi duri.....

Traghetto a Polesella, tempi duri…..

Colossi della grande distribuzione che, senza ricorrere al dumping, nei supermarket seducono con prezzi tanto ammalianti da provocare miniorgasmi tra le ‘ladies in shopping’. È però chiaro che tra me, ignorante il “Bio” (ma credo di essere in numerosa compagnia) e un esperto (beninteso dottore in Scienze Agrarie) non meno che Sognatore di una Shangri-La biologicamente netta, le possibilità di intendersi sono quasi nulle.
Risolvo l’inghippo ottenendo dal Giovanni di confezionarsi e rispondere contestualmente a un paio di domande. Come segue.
Che cos’è il “Bio”?
A) Condicio sine qua: non usare prodotti chimici sintetici, derivati del petrolio, diserbanti, insetticidi (ma esistono anche quelli biologici).
B) Introduzione di evidenti elementi di “biologicità”, ad esempio il bosco, le siepi, il laghetto, connessi con il territorio, quindi l’azienda “Bio”, oltre a produrre, deve contenere la suddetta “Biologicità (i cui elementi sono i “Biotopi”).
C) Conoscenza del processo “bioproduttivo” leggasi la possibilità di “intervenire sapendo quel che faccio” (tipo: rotazione alias cambio di coltura dopo 5 anni, controllo – prima di un eventuale intervento biologico – della presenza di insetti, preferenza per le varietà di piante locali, ad esempio acquistando pomodori nel vivaio vicino, la zucca del posto).

Alimentazione: una vicenda del corpo e dell’anima
(Perchè, si chiede Giovanni) sono cosi scemo da aver scelto questa strada?
(E si risponde)… “Quando hai raggiunto un buon livello di ‘coscienza’ di certe cose, vedi l’agricoltura, vedi l’alimentazione, ‘non puoi più scendere’, e aggiungo che, ritenendo l’alimentazione una vicenda non solo del corpo ma pure dell’anima, eccomi parlare di sacralità” (sic, ndr).

Sul Po (non poi tanto tempo fa...)

Sul Po (non poi tanto tempo fa…)

A ‘sto punto chi la voleva capire (la vicenda del “Bio” e come la pensa il Giovanni) l’ha capita. Non resta che raccontare chi è e cosa fa il mio neoamico, “BioVisionario” perché combattente, come già commentato, consumistici colossi capaci (lo lessi tanti anni fa) di fare il formaggio grana con i manici d’ombrello e di inventare gatti transgenici per studiare l’Aids (e non è finita: mediante i geni della medusa i poveri mici diventano pure fluorescenti).

Scuola itinerante di Agricoltura Biologica
Il Giovanni, fondatore di una “Scuola Itinerante di Agricoltura Biologica” (ha contatti financo con la lontana e a me cara Bolivia) “Ora” (ma più che baciapile si dichiara credente in Cristo) et “Labora” (qualche ettaro di terra) nella Biopastoreria di Ro coltivando cereali (grano tenero, duro, mais per Pop Corn e quant’altro), frutta e verdura (qualche varietà di mele, ortaggi vari, pomodori – venduti o destinati a ‘passata’ – e kiwi di cui, però, lamenta cristianamente rassegnato, “quei boia di quei topi si son mangiati le radici non potendosi accopparli con sostanze chimiche”). Poi, quand’è tempo di raccolto, il Giovanni arruola ragazzi di varie razze e credo (zompando su un campo di pomodori mi ha presentato, oltre al figlio, due studenti del Camerun, un russo parlante ferrarese e un goliardo modenese) e ospita questa miniOnu giovanile nella sua casa colonica (mangiare bere dormire più una trentina di euro al dì). Una paga forse non grassa, ma sai quanto costa di meno una macchina che in un giorno tira su tonnellate di pomodori?

Orti di “Terraviva Bio”, una immensa oasi di verde
Un prodotto davvero “Bio” (raccolta a mano, pulitura, concime con sostanze organiche), mi informa il Giovanni, non può che costare (almeno) un 30% in più di quello industriale (adesso ho capito tutto sulle mie amletiche soste davanti agli Yougurt dell’Esselunga, e ancor più capisco recandomi con lui al ‘mercatino biologico di Adria, ah: chi sa cos’è il Kamut, da cui un pane “bio” invero un po’ duro alle gengive?).
Chicca finale (con turistico invito a compiervi una godibile visita) gli Orti di “Terraviva Bio” all’interno delle storiche mura cingenti Ferrara. In una immensa oasi di verde, per secoli coltivata dai frati della Certosa, il Giovanni Dalle Molle vende quel “Bio” che prima o poi (ne è donchisciottescamente certo) si trasformerà in gioiosa realtà (ma senza una bella rama di follia che senso avrebbe la vita?).