1 Barbagia, la Sardegna più vera
I sardi sono gente fiera che amano la loro terra. I barbaricini, gente di Barbagia, costretti a combattere con una natura aspra e poco generosa, lo sono ancora di più. Situata nel centro orientale della Sardegna tra la provincia di Nuoro e l’Ogliastra è un mondo da scoprire per gli usi, i costumi e le tradizioni….
(nella foto di copertina: Mamoiada, apprendista Mamuthone)
Multiforme e poliedrico viaggiatore, ero stato tante volte in Sardegna, mai in Barbagia.
Fui nella spagnola Alghero (Carlo V, Todos Caballeros, ma fu più catalana che castellana) a un congresso degli scrivani turistici (e lì dal neo-amico Beniamino Crobu appresi molto sulla bottarga e sulle uova di muggine, deliziose leccornie dal deciso sapore).
Sulla Costa Smeralda, col grande maratoneta Franco Fava (6° all’Olimpiade di Montreal) mi ritrovai al Golf del Pevero (ma, non essendo entrambi sciur, invece di giocare si fece jogging sul course e dio sa quanto banfai a stargli dietro).
Da organizzatore viaggiatorio condussi uno stuolo di farmaceutici a un congresso in un Villagge a sud di Cagliari nonché (cosa non si fa per campare) una milizia di aficionados del Novara Calcio giocante contro la squadra di Sassari stranamente (ma Wikipedia non spiega perché) chiamata Torres (e ridàje con lo spagnolo).
Tipo da spiaggia in Costa Rei
In Sardegna andai financo da turista balneare, ma solo per qualche giorno (di più, a fare, come si diceva una volta, il tipo da spiaggia, non resisto) per la precisione sulla mondana Costa Rei, e lì ammirai un gran bel mare nitidamente cristallino (a tal punto che decisi persino di immergermi). E in quella trasferta, più interessanti dei citati semicupi nel Mediterraneo furono le gite sulla sponda occidentale (celeberrima la spiaggia Piscinas).
A Carloforte (intriganti le origini tabarkine dei suoi abitanti) e Sant’Antioco, infine, cercai invano di comprendere (so solo che la buzzonaglia, una sorta di cascame, oltre che saporita è la parte che costa meno) le differenze tra, spero di spiegarmi, gli ‘svariati colori’ del tonno (il pinna gialla, il pinna rossa, e sembra che esistano anche altre ‘colorazioni’, vai a capire).
Sardegna fiera terra depredata
Da quanto sopra si evince che della Sardegna ero già buon conoscitore ed estimatore (attirato, come sono, da storia, tradizioni, culture delle genti isolane, ammirevolmente descritte in “Mediterraneo, un nuovo breviario”, di Predrag Matvejevic, Garzanti editore, un libro che non mi stanco di raccomandare). Una fiera terra che oltre ai mugugni per aver ricevuto dal Creatore una natura aspra, poco generosa, può pure, e a ragione, lamentare più di due infausti secoli alle dipendenze dei Savoia (che, ottenuta la Sicilia alla fine della guerra di Successione Spagnola, inizi ‘700, dopo pochi anni la scambiarono con la Sicilia). Una dinastia che, se sta poco simpatica al qui scrivente (non tanto perché, volgarmente detto, sfigata, quanto per storica, taccagna assenza di cultura) figuriamoci quanto può amarla Daniele Serusi, patron dell’Agriturismo Donnortei, a Fonni. E lui un po’ di ragione l’ha. Mentre aguzzo la vista alla ricerca di daini e cervi mi informa che l’avito bosco che stiamo percorrendo fu a lungo depredato di magnifici alberi secolari per le regali necessità del sabaudo Vej Piemont (n.b. ‘risorti’ querce e sugheri nell’abbondante tempo trascorso, un ben di dio della natura, suggerisco ai milanesi di portarvi figli e/o nipoti, ormai incapaci di riconoscere una mucca e/o una capra e tantomeno una quercia da un pino).
Nuoro cultura e alta qualità della vita
Museo Ciusa a Nuoro
Ma datosi che Fonni è ubicato in Barbagia, ecco che, dopo tante precedenti apparizioni in Sardegna, finalmente, per volere e decisione di Silvia Marongiu (addetta agli scribi nel nome della Tirrenia) mi trovo in questa poco nota, non meno che (almeno un tempo) chiacchierata terra centrorientale dell’isola. Barbagia, la cui capitale è Nuoro. Un piacevole capoluogo provinciale, dal modesto numero di abitanti (meno di 40.000) inversamente proporzionale alla qualità della vita. I nuoresi, mi conta Agostino Cicalò, presidente della Camera di Commercio, vantano infatti l’assenza di: taxi (beati loro, a Milano bloccano le strade e litigano coi concorrenti dell’Uber); scippi (che gioia per le vecchiette passeggiare senza timori); e passeggiatrici (che saranno pure utili per gli equilibri sessuali del volgo, ma che bella una città senza vergogne tipo la romana Passeggiata Archeologica).
E quel filino di noia che potrà anche permeare Nuoro è ampiamente compensato dalla presenza di un buon livello di cultura, ovvio ma doveroso citare il premio Nobel Grazia Deledda, la cui casa natale è divenuta museo (aggiungo poi che al liceo di Nuoro studiò Indro Montanelli il cui padre ne fu preside). E ancor più interessante museo è il “Ciusa” (alias Tribu Spazio per le Arti, perché ubicato nell’ex tribunale) con una gran bella collezione di Giuseppe Biasi, pittore che meriterebbe un pochino più di celebrità (ma i sardi, si sa, è gente che non se la tira).
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2 Barbagia, gastronomia dai sapori casarecci
Il nostro tour tra paesaggi montuosi (Nuoro, Mamoiada, Orgosolo, Oliena) e costa marittima (Dorgali, Cala Gonone) si conclude con le tipiche eccellenze gastronomiche fino al Pranzo del pastore: la pecora bollita…..
Nella precedente, prima puntata della narrazione della educ gita in Barbagia programmata e guidata da Silvia Marongiu, corifea della Tirrenia, mi ero forse eccessivamente dilungato (tanto era l’entusiasmo di tornare nell’isola) sui miei precedenti sopralluoghi nonché sulle vicende storiche (ahilei fu a lungo sabauda) della Sardegna. Mi riscattai, però, venendo al sodo e oltre alle lodi per la full immersion nella Natura (più riposo notturno e succosa cena conclusasi con assunzioni di Mirto e grappeggiante Fileferru) elargitami dai baldi padrùn dell’Agriturismo Donnortei di Fonni, non mancò un evviva a Nuoro, che della Barbagia è capitale. Lodata perché tranquilla città della provincia italiana, per le dimensioni umane e la buona cultura esibita nel museo Tribu (n.b. la desinenza U, che più sarda non si può, in ‘sto caso è dovuta soltanto alla abbreviazione di Tribunale, precedente ospite dell’edificio). Altrettanto concretamente (e chissà che queste note non possano costituire utile guida per il lettore) preciso che – tra lo sbarco e il reimbarco a Porto Torres – l’educante itinerario barbaricino ha contemplato soste tanto intriganti da meritare ampiamente una descrizione.
Il villaggio/santuario di Romanzesu
Vicino a Bitti il villaggio/santuario di Romanzesu va visitato da chi (e sono in molti) alle prese con l’antica civiltà sarda pensa solo a quelle sassose costruzioni cilindrico tronche chiamate nuraghi e lì suo know how si ferma. Invece no: gli antichi sardi la sapevano tanto lunga da girare il Mediterraneo visitando Fenici (se non fino al Libano per certo a rifornirsi di rame a Cipro, lo dice la antica parola greca ‘cùpros’) e Tartessi (dalla parte opposta, alle Colonne d’Ercole). E sempre a Bitti, appagata la mia ulissiana fame di Conoscenza, grazie a quanto programmato dalla Silvia è stata placata pure quella gastrica, per la precisione all’hotel Su Lithu. Nome che potrebbe far pensare a un albergo nel cuore della Lapponia, invece eccomi pranzare con vista su Bitti godendo sapori casarecciamente sardi. Se invece si parla cena (ho sempre a cuore i valori della spiritualità) chapeau! per quanto degustato a Oliena, in un albergo dal nome (Su Gologone) – più sardo e meno ugro-finnico del citato Su Lithu – ma non per questo meno chic ed elegante (drink in terrazza, cactus e luna piena, roba da sciur).
“La Sardegna è qui” e parla più lingue
Ma il ricordo delle chiacchierate vicende del banditismo (attività prevalentemente svolta tra paesaggi montuosi, lì nascondevasi quel balordo del Mesina) mi faceva dimenticare che la Barbagia possiede pure una costa marittima. E difatti pernotto vistamare al Brancamaria di Cala Gonone, Dorgali, e mi affretto a lodarne l’Assessorato al Turismo, editore di un bel dèpliant “La Sardegna è qui” – disponibile in albergo – ricco di valide info, in cirillico e in più leggibile alfabeto latino, per turisti tovarich e de habla castellana.
Lasciato il Tirreno alle spalle, la giornata finale dell’educ gita è stata vissuta alla grande con belle cose da vedere e altrettante da degustare, in un divertente crescendo rossiniano (non fu il musicista noto gourmet nonché inventore dei saporiti tournedos?). Prima di concludersi ‘sulla Tirrenia’ con deliziosi Paccheri al formaggio e funghi aprenti l’Ultima Cena della educ gita, a mezzodì, al bucolico ristorante “Supramonte” di Orgosolo, si era officiato un Pranzo del Pastore (pertanto spartanamente seduti sotto i sugheri, a la buena de dios) nel cui menu non poteva che svettare la Pecora Bollita (se richiestomi un commento su questo mangiare ovino parafraserei i funzionari londinesi del Foreign Office rispondendo No Comment, dopodiché suggerisco al gentile lettore di portarsi seco un paio di Alka Seltzer, imperocchè un valido viaggiatore tutto deve provare … sapori tradizionali e semplici della natura, compresi).
Orgosolo e i suoi murales
Ho riservato a queste ultima righe, a mo’ di Galop Final, la descrizione delle chicche massime (gli Yankees direbbero le highlights) della mia bella gita. Mi riferisco ai magnifici murales di Orgosolo (sembra ieri che Vittorio De Seta vi ambientò i suoi Banditi a Orgosolo, ed è passato più di mezzo secolo), umili opere dalla grande importanza perché documenti della recente storia, non solo italiana.
E a Mamoiada, grazie alla manifestazione “Autunno in Barbagia”, ho potuto ammirare (oltre alla vestizione dei partecipanti, en privè, per noi scribi dell’educ gita) la sfilata di Mamuthones e Issohadores, (grande spettacolo del folklore sardo previsto solo durante il Carnevale con inizio il 17 gennaio, Sant’Antonio). Tradizioni alla stato puro.
Ritorno a casa con visita alla mostra di Frida Kalho a Genova
Palazzo Ducale, Genova
Ma rieccomi (per dirla alla sarda) sul continente e a Genova (ahhh chi non vive distante dalla capitale ligure faccia un salto ad ammirare la mostra di Frida Kalho e Diego Rivera al Palazzo Ducale) mi congedo da Silvia e dalla Tirrenia. Una Compagnia di Navigazione a me simpatica non tanto perché mia coscritta quanto per la seconda vita che sta da poco affrontando, o se si preferisce, per la rinascita appena intrapresa. Mi riferisco alla sua recente privatizzazione (dicembre 2012) e chi conosce le spensierate gestioni dei tanti carrozzoni partoriti dal parastato del Belpaese sa che compito moloch spetta a chi deve far di conto laddove prima pagava Pantalone. Da quanto racconta Silvia (e ci credo) i conti cominciano a tornare (oltretutto senza ritocchi tariffari, e, non solo, nonostante una bella sforbiciatina dei contributi statali). Un risanamento, per di più, accompagnato dall’allegria dispensata da un ampio sorriso che più alla De Sica (senior) non si può: capita a chi ha il piacere di “viaggiare Tirrenia” e conoscere il comandante Miccio al timone (n.b. marchingegno ormai scomparso dalla plancia, non si usa più, quanta tristezza ha provocato la sua assenza allo scrivente, vecchio lupacchiotto di mare).
(04/12/2014)
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