Un’avventura davvero speciale, dove il mondo finisce. Tra due oceani perennemente arruffati per via dei venti impetuosi, alla scoperta del deserto più grande e più bianco del mondo
di Gian Paolo Bonomi

mondo antartide 11Pieter Lenie, un signore piccolo di statura e con una barbetta bianca anticipata da una pipa eternamente accesa, trascorre gran parte della giornata a mirare il rincorrersi delle nuvole, il loro accumularsi e il successivo sfrangiarsi; a guardare montagne di ghiaccio, a osservare e misurare il vento. Attenzione, però, non si parla di un romantico sognatore perditempo. Pieter è nientemeno che l’Ice Master, il Maestro del Ghiaccio, un personaggio importante, una sorta di consulente – non si può navigare senza ottime conoscenze dei fenomeni meteorologici , oltretutto su mari in prevalenza agitati – e soprattutto un irrinunciabile esperto a bordo delle navi che dopo aver superato lo Stretto di Drake puntano sull’Antartide, il continente di ghiaccio: 14 milioni di chilometri quadrati spazzati da venti che a volte superano i 300 all’ora e fanno sprofondare la temperatura invernale fino a 70° sotto zero.

In viaggio con gli “esperti”
Una crociera-spedizione nel sesto continente (settimo secondo gli studiosi statunitensi che curiosamente conteggiano l’America del Nord e quella del Sud come se si trattasse di due distinti continenti) affascina, esalta, intriga; lo si può considerare il “viaggio della vita”.
Sono tante le motivazioni che convincono a volare fino all’estremità del cono Sudamericano eppoi, per una decina di giorni, a spaziare tra ghiacci e pinguini, a bordo di solide ma non lussuose imbarcazioni che ovviamente nulla hanno a che vedere con le Love Boat televisive e le meganavi da 3.000 passeggeri per crociera.
Si pensi che, oltre al classico viaggiatore – il turista non intraprenderebbe mai trasferte così ‘intelligenti’- a un viaggio in Antartide prendono parte studiosi e naturalisti di tanti Paesi: entomologi, biologi, etologi, ornitologi. Ma non occorre essere uno scienziato né dover compiere severi studi prima di salire a bordo: durante la navigazione gli esperti tengono conferenze e informano con proiezioni di filmati e diapositive. Alle lezioni teoriche seguono poi quelle pratiche, durante le escursioni a terra, con un esperto a bordo di ciascuno dei capaci gommoni Zodiac progettati da Cousteau.
mondo antartide deception islandPartiti da Ushuaia, capitale della Terra del Fuoco argentina e nota come la ciudad mas austral (meridionale) del mundo, si attraversa il citato Stretto di Drake dopo aver intravisto, sul far del giorno, il mitico Capo Horn. Anche se la navigazione non è delle più tranquille – le acque sono perennemente agitate perché, più che incontrarsi, Atlantico e Pacifico si scontrano – il disagio per beccheggi e rullii è superato dall’eccitazione per l’avvicinarsi dell’Antartide, il continente bianco.

Fra iceberg e Stazioni Scientifiche
La spedizione vera e propria comincia il mattino del terzo giorno. Tra le riunioni degli appartenenti ai vari gruppi di sbarco (quasi si fosse Marines alla vigilia di un attacco) e qualche sosta al bar, è incessante il viavai sui ponti per avvistare il primo iceberg. Poi, improvvisa, si propaga la notizia: si sta navigando sulla Antarctic Convergence. Si tratta del punto di incontro tra le acque dei due oceani a nord, a temperatura normale, e quelle gelide provenienti dai ghiacci dell’Antartide. Le acque a temperatura più bassa sprofondano vorticosamente negli abissi impedendo una progressiva mescolanza con quelle temperate. Si genera a questo punto una vera e propria muraglia liquida, un confine biologico che isola il Sesto Continente dal resto del nostro pianeta.
Finalmente, ecco la King George Island, la maggiore e più settentrionale isola dell’arcipelago delle South Shetland; quanti iceberg affiorano in prossimità delle sue coste! Doppiata la punta settentrionale dell’isola è tutto un susseguirsi di emozioni e sensazioni assolutamente nuove per il viaggiatore. Le non eccessive dimensioni della nave permettono di entrare in baie e cale spesso anguste, tra ghiacciai dalla grandezza impressionante, in prossimità di Stazioni scientifiche di vari Paesi che, grazie soprattutto al Trattato Antartico sottoscritto nel 1961, convivono in pace e con rapporti di buona collaborazione anche in periodi di turbolenza politica e sociale nel resto del mondo.

L’epopea dei primi scopritori
mondo Antartide (2)L’Antartide ha già una sua storia e in un certo senso, anche una sua archeologia, benché i relativi reperti siano antichi soltanto poche decine di anni. Si fa riferimento agli impianti per ricavare il grasso dalle balene, abbandonati dopo un’eruzione vulcanica sulla Deception Island, e alla capanna sull’isola Peterman, nella quale l’esploratore Carcot svernò nel 1909. Ma già nel lontano 1675 il mercante inglese Antoine de la Roche si era spinto oltre il Polar Front, al di là della Antarctic Convergence. Nel 1772 James Cook (dove non approdò questo fantastico navigatore, prima di finire mangiato a lesso nelle Hawaii?) nella sua prima spedizione superò il Circolo Polare, senza però avvistare il continente di ghiaccio.
Una cinquantina di anni dopo, nel 1820 l’esploratore Fabian Gottlieb von Bellinghausen fece di meglio del citato Captain inglese, circumnavigando l’Antartide e giungendo in vista della terraferma, raggiunta l’anno successivo, in differenti spedizioni, dagli americani Palmer e Davis.
Non restava che il Polo Sud, che resistette alla conquista fino al 14 dicembre 1911, a opera di Roald Amundsen, su slitte trainate da cani. Figurarsi lo scoramento dell’inglese Robert Falcon Scott il 17 gennaio 1912, nello scorgere la bandiera norvegese piantata soltanto un mese prima sul punto geografico attraversato dall’asse ideale su cui ruota le Terra. Tanta beffa ricevette comunque un premio di consolazione: la Stazione Scientifica degli Stati Uniti al Polo Sud porta il nome Amundsen–Scott.
Superata la barriera dell’ignoto, molti furono i navigatori che si spinsero all’estremo sud del pianeta Terra: nobili e militari animati dalla sete di conquista in nome del proprio sovrano o altro sponsor che fosse, geografi, cacciatori di balene, idealisti, avventurieri.

Una terra d’acqua “solida”
La caratteristica principale dell’Antartide – unico continente non delimitato da confini artificiali – è il tempo, la cui incredibile inclemenza (salvo la pausa dell’estate australe, il nostro inverno, con temperature accettabili) ha precluso l’esistenza di una popolazione indigena. E malgrado le apparenze, la sua superficie costituisce uno dei più vasti deserti del mondo, con precipitazioni che all’interno non raggiungono i 50 millimetri annui, assai meno che nel Sahara.
Nell’Antartide è accumulato il 90% del ghiaccio esistente sulla Terra, corrispondente al 70% delle riserve globali di acqua dolce. Se le banchise dovessero sciogliersi il livello dei mari salirebbe di 60 metri, sommergendo metropoli come New York, Rio de Janeiro, Calcutta, Napoli, Bombay, Buenos Aires, Los Angeles.
La glaciazione antartica è relativamente recente, fatti i dovuti raffronti con l’età del nostro pianeta: 20 milioni di anni. Molto tempo prima, circa 200 milioni di anni, l’attuale regione polare meridionale faceva parte di un unico, enorme continente chiamato Gondwana, comprendente il Sud America, l’Africa, l’India, l’Australia e la Nuova Zelanda. Movimenti tettonici hanno spostato l’Antartide in quella scomoda posizione che la rende fredda e inospitale, ma le permette contestualmente di costituire un’immensa, potenziale riserva contro la sete della Terra, una sorta di ultima spiaggia.

Presenze di vita
Flora e fauna, fatta eccezione per la parte costiera ove abbondano animali marini, sono pressoché inesistenti all’interno del continente. Curiosamente, tra gli scarsissimi abitatori figura una mosca senza ali, e quanto alla flora si segnala l’esistenza di un lichene, le cui tracce sono state riscontrate a soli 400 chilometri dal Polo Sud.
Chi non è uno scienziato, uno studioso, un ricercatore, resta semplicemente affascinato dalle bellezze naturali, quasi dimenticando il privilegio di essere arrivato a certe latitudini con le comodità del viaggiatore dei nostri giorni. Niente di male, comunque, se chi scruta l’orizzonte ghiacciato dal ponte della nave (confortato da un comodo piumino e dotato di un potente cannocchiale) si immedesima nei coraggiosi che affrontarono i rigori del clima e le insidie di un mondo sconosciuto. A creare questo irriverente stato d’animo contribuisce la sensazione che nei secoli i panorami e gli esseri che li animano non sono cambiati (in quante altre parti del mondo accade ciò?). Ecco su scogli e ghiacciai i tenerissimi non meno che goffi pinguini: gli Adèlie con la mascherina nera sembrano agghindati per un ballo di Carnevale; i Chinstrap, dal musetto bianco e gli occhi contornati da un’elegante striscia di rimmel, potrebbero partecipare a una sfilata di moda; gli alti Emperor si muovono con l’alterigia di chi sa di appartenere a una razza superdotata. Quanto alle foche, non si disturbi la loro siesta goduta su iceberg, somiglianti a comodi sofà, in balìa della corrente. Verso il cielo, i pellicani affrontano la pesca quotidiana per il mantenimento della prole.

Natura regina
Ciò che però più colpisce durante un viaggio in Antartide sono i repentini mutamenti d’umore degli elementi, le folgoranti trasformazioni di paesaggi cupi e tenebrosi in vedute dai colori accecanti, le montagne di roccia e ghiaccio somiglianti a mostri disegnati dal Dorè, le tonalità verde e blu racchiuse negli iceberg. Visioni impossibili da dimenticare? Il tramonto rosso fuoco nella Charlotte Bay, le grigie nebbie del canale Lemaire trafitte da improvvisi raggi di sole, la limpidezza della luce – in un ultimo tentativo di contrastare le incipienti tenebre – nel silenzio assoluto della Paradise Bay.