Andalusia nascosta. Ma non troppo. La splendida e vasta regione andalusa, nel Sud della Spagna, non racchiude solo i tesori e le magnificenze delle ‘grandi protagoniste’ (Siviglia, Cordoba e Granada) ma riserba infinite e piacevoli sorprese anche nei centri e nei paesaggi meno conosciuti
(x mondointasca.org 7/7/2013 … nella foto di apertura, Una Peña Flamenca)
Di Spagne ce ne sono tante (basti pensare che le lingue “ufficiali” parlate nel regno di Juan Carlos I sono ben quattro), ma c’é Spagna e Spagna, eppoi c’è una parte del Paese che, turisticamente parlando, è “un po’ più Spagna”: l’Andalusìa (che, a sua volta, non è solo Siviglia, Cordoba e Granada). Fenicia, cartaginese, romana e visigota, Al Andalus (per gli arabi la terra dei Vandali) bagnata da Atlantico e Mediterraneo fu invasa nel 711 dal condottiero arabo Tarik (Gibilterra da Gebel El Tarik, la montagna di Tarik). Totalmente musulmana per cinque secoli, gran parte dell’Andalusia orientale lo rimase per altri 300 anni, fino alla caduta del regno di Granada nel 1492: il confine tra Moros y Cristianos può essere tracciato lungo le località il cui nome è seguito dalla locuzione de la frontera. Mentre in Europa si faticava a uscire dal Medio Evo, Al Andalusvisse splendidamente, grazie al momento magico, e unico, della felice convivenza delle tre religioni monoteiste (cristiana, musulmana ed ebrea) oggidì impegolate in diatribe, olocausti e integralismi.
Costa atlantica e mediterranea
Il problema, per l’Andalusia, venne dopo, quando decadde la cultura araba e contestualmente si svegliava l’Europa (lontana, con i mezzi di trasporto e di comunicazione di allora). Grazie allo sviluppo economico della Spagna post franchista, nonché ai jet e alle autostrade (frutta e ortaggi raccolti il pomeriggio nella campagna di Malaga o Almerìa sono in vendita la mattina seguente in un mercato tedesco od olandese); l’Andalusia, con la Costa del Sol e il suo retroterra, offre da decenni un turismo moderno, variato e intelligente. Si pensa alla tintarella e alla mondanità tra Malaga a Gibilterra, su una costa che invita al relax e a ogni tipo di sport, di moda e popolare, acquatico e terrestre.
Tesori e sorprese dell’entroterra
Nell’interno dell’Andalusìa si pratica invece un turismo intelligente e intrigante, a Ronda e ai Pueblos Blancos, sulle strade tortuose delle tante Sierras – catene montuose punteggiate di bianchi villaggi – tra i profumi della natura e i sapori della gastronomia. Fare un salto in Andalusìa? Ovvio. E in auto (sennò come si trasporta a casa tutto quel ben di dio di roba, mangereccia e non – olio, jamones de pata nega de Jabugo, tonno e sgombri dello Stretto di Gibilterra, cuoio di Ubrique, l’anice Machaquito di Rute, ceramica, mille oggetti di artigianato, selle di cavallo – che si compra lungo strada)? E una gita in auto non è poi così tragica: Ventimiglia dista da Malaga solo 1.700 kilometri, in autostrada (a pagamento, in Francia e dal confine spagnolo a Murcia) e in autovia (gratuita e veloce superstrada spagnola a doppia carreggiata). Buon viaggio in Andalusìa, dunque, con qualche info sui posti meno noti, solo perché oscurati dalle solite Granada, Cordoba, Siviglia.
Meraviglie Malagueñe
Per conoscere Malaga e la Costa del Sol non resta che affidarsi a Al-Idrisi, il primo geografo arabo che alcuni secoli fa descrisse il percorso da Algeciras a Granada, via Malaga (l’itinerario tra la prima località conquistata e l’ultima ceduta). Piacevole da visitare, Malaga risalterebbe ancor più se non fosse relegata in secondo piano dallo splendore delle altre grandi città andaluse. Bella l’Alcazaba e soprattutto interessante la salita al panorama dal castello di Gibralfaro (niente male il risveglio dopo un pernottamento nell’omonimo Parador): sullo sfondo il mare Mediterraneo, più sotto un mare di verde di giardini epalmeras del Paseo del Parque, un trionfo botanico tra la Plaza de la Marina – epicentro del traffico cittadino – e la Plaza de Toros della Malagueta (Feria malagueña nella seconda metà d’agosto, da non perdere ammirandosi costumi andalusi non meno belli di quelli della Feria di Siviglia).
Vini dolci e fritti di mare
Oltre la Plaza de la Marina giganteggiano i pioppi secolari della Alameda Principal e si fa conoscenza con il dolce Moscatel (Vino de Malaga) mediante un corso teorico su uvaggi e produzione presso il Consorzio dei Produttori, in un edificio sulla parte sinistra del viale. Si fa invece piacevole pratica, voluttuosamente gustando un Pajarito alla quasi prospiciente ‘Antigua Casa di Guardia’, un secolo e mezzo di storia della mescita del vino (e si gustano pure cozze/mejillones deliziosamente non condite da salse e intrugli vari). Dopo un dovuto shopping di alabastro, vanto di Malaga, nelle tiendas intorno a Plaza de la Constituciòn, è tempo di provare la cucina malagueña (l’Ajo blanco – mollica, aglio, mandorle e uvetta). A Palo, poi, sobborgo sulla strada per Motril e la lussureggiante Costa Granadina, Casa Pedro costituisce il tipico esempio dei caciarosi ristoranti del sud Mediterraneo, la caccia a un tavolo all’aperto, viavai di camerieri, clienti alla ricerca del fresco e di un fritto giusto a costo onesto. Visitata la Malaka greca e fenicia destinata a dare i natali a Picasso (magnifico il museo a lui dedicato, si prega di passarvi lungo tempo in ammirazione) si proceda lungo la Costa del Sol.
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