Goya a Zaragoza (in copertina, Calanda, foto Bielsa)

Anni fa (“è passato tanto tempo” avrebbe commentato il Rick/Bogart di “Casablanca”…) per l’esattezza venti, la Rizzoli pubblicava “Il Miracolo”, di Vittorio Messori. Prima del lancio del libro, pensarono alla casa editrice, meglio compiere un sopralluogo, con l’autore, laddove avvenne il miracolo. A Calanda, Aragona, Spagna nordorientale. E a organizzare, e accompagnare, la trasferta fu incaricato il qui scrivente, a quei tempi ancora aduso a spedire la gente in giro per il mondo, nonché scriba di viaggi & turismo, e, per di più, gran aficionado alla Spagna.
F
u così che andai “on the spot”, direbbero i cinematografari hollywoodiani, laddove Miguel Juan Pellicer, nella primavera del 1640, compì quel miracolo che Messori scoprì e pensò bene di narrare per i tipi (antan, se ben ricordo, faceva così chic usare questa espressione) della Rizzoli.
L’Amarcord che pubblico a distanza di un po’ di lustri potrebbe risultare utile per un paio di buone e lodevoli motivazioni.

Melocotòn – Pesca di Calanda

In primo luogo chissà mai che la narrazione di un miracolo non spinga un dubbioso (nel senso di agnostico) lettore ad avvicinarsi alla fede, quindi “credere” (e ce ne sarebbe bisogno, con tutti quegli attici, vista San Pietro, godibilmente abitati da chi predica il Verbo di Uno che per certo non nacque in una clinica “chic” della Gerusalemme “bene”).
Eppoi, chi va in Aragona potrebbe anche tornare con immutata dubbiosità appetto alle umane ed extraterrene vicende. Ma per certo si sarà pure goduto una bella gita. Più che per la (vabbè) miracolosa vicenda di Miguel Juan Pellicer, Calanda è ancor più nota (ay ay ay tempi e mode cambiano, e meno male…) perché vi nacque Luis Buñuel e, a Pasqua, per impensabili, e ovviamente rumorosissimi, concerti di tambores – tamburi. E “de Calanda” sono quei “melocotones” – pesche, tanto giganti quanto saporite … nel vaso, poi, viepiù profumate dolci grazie a quel misterioso sciroppo – “almìbar” (più arabo di così.…).
Ad ogni buon conto il cortese lettore cominci col consultare quanto (già detto) scrissi lustri fa, dopodichè una gita in Aragona  … (laddove c’è pure Goya….)….
… buona lettura….

PASQUA CON UN MIRACOLO ARAGONESE
Uscito nello scorso ottobre, l’ultimo libro di Vittorio Messori, “Il Miracolo” (Rizzoli), altro non è -precisa l’autore in copertina- che una “indagine sul più sconvolgente prodigio mariano”.
In Spagna, a Calanda, villaggio dell’Aragona meridionale in provincia di Teruel, tra le dieci e le undici di sera del 29 marzo 1640, a un giovane contadino fu restituita la gamba destra, amputata più di due anni prima in seguito a un incidente sul lavoro e sotterrata nel cimitero dell’ospedale di Saragozza. Un miracolo avvenuto per intercessione della Virgen del Pilar -precisa la versione religiosa- la Madonna venerata nell’imponente basilica di Saragozza, patrona di Spagna e simbolo della fede portata dalla Hispanidad nell’America Latina.

Aragòn, castello di Sadaba

Quanto alla versione “laica”, un processo sull’avvenimento, tenutosi nella capitale aragonese e conclusosi il 27 aprile 1641, concluse che la restituzione della gamba a Miguel Juan Pellicer “non fu un fatto di natura ma opera mirabile e miracolosa”. Il fatto ebbe vasta risonanza  grazie all’udienza accordata al miracolato dal re Filippo IV, nel palazzo reale di Madrid, alla presenza degli ambasciatori delle grandi potenze europee accreditati presso la corte di Spagna.
Soprattutto per chi crede, ma anche per chi mantiene una posizione agnostica di fronte ai “prodigi”, un viaggio in Aragona sulle orme di Miguel Juan Pellicer può costituire motivo di interesse.
Chi giunge in Aragona da Barcellona, al termine del percorso in Catalogna, incontra i Monegros, un territorio dal paesaggio quasi lunare ove venne girato il film “Jamòn Jamòn”.
A Saragozza, la romana Cesaraugusta sulle rive dell’Ebro, oltre alla basilica del Pilàr meritano una visita il bel palazzo arabo dell’Alfajéria, la ‘Seo’, cattedrale con le adiacenti le rovine romane e il palazzo della Lonja.

Aragòn, Tarazona, Plaza de Toros (la Vieja)

Dopo poco più di 100 km dalla capitale della Comunidad, attraversando paesaggi di estremo interesse per i contrasti tra terre desertiche impoverite dai calanchi e verdi campagne bagnate dall’Ebro, si raggiunge Calanda (via Alcañiz, con il bel castello, oggi Parador, cenarvi o dormirvi fa sentire un pò tutti feudatari). Il fascino di Calanda (cittadina, meglio dicasi paese, contando poco meno di 3,000 abitanti) è inversamente proporzionale alle sue dimensioni. Luogo natale del grande regista spagnolo, Luis Buñuel, e del miracolato Pellicer, propone importanti ricordi storici nei dintorni, vanta un’eccellente produzione di olio extravergine e pesche profumate e nella settimana di Pasqua attira folto pubblico con le processioni accompagnate da bande di suonatori di tamburo. Se venite a Calanda in tempo di Pasqua -diceva Buñuel agli amici madrilegni- imparate a esprimervi a gesti: la parola non serve tra tanto assordanti tambores.