Vanuatu, Yakel Custom Village: giovane guerriero con astuccio penico.                  (In copertina, Dalì).

Affrontando l’argomento sono perfettamente cosciente del rischio che corro: di essere definito un volgarone, se non, financo, un purcaciùn. E se ciò capitò parecchio tempo fa a un Big, tipo Zavattini (che appunto propose quanto richiesto nel titolo), figuriamoci gli strali che si abbatteranno sul povero nesci umile estensore di queste righe. E vabbè.
Epperò sembrami doveroso invocare la ‘liberalizzazione’ della parola “Cazzo”, trattandosi di una (vabbè, forse non importantissima) svolta culturale del Belpaese, fosse solo perché, da ormai svariati decenni (a Zavattini ‘scappò’, se ben ricordo, durante una diretta in Rai Tivù), la proibitissima parola è, come usasi dire, e absit iniuria verbis, sulla bocca di tutti (è eccessivo ipotizzare un 90, se non 95%, dei parlanti l’italiano, ivi compresi gli aficionados a molti salotti bene?).
Invece no.
Oltre a suesposto, ipotizzato, 90, se non 95% dei (sedicenti) perbenisti italiani, esistono eroicamente tantissime sacche di resistenza (al pubblicare per esteso la parola “Cazzo”), soprattutto nelle redazioni dei giornali del Belpaese (il “Corriere”, poi, nel senso “della Sera”, sembra quasi averne fatta una crociata).
Esistono, sì, tanti tentativi (più o meno voluti, e noti) di sdoganamento del … (appunto) C….. Ad esempio quello arcinotissimo del comandante (come si chiamava? se ben ricordo) Schettino. E in questi giorni un C…. è scappato di bocca, ça va sans dire in diretta tivù, a un nostrano atleta finito soltanto 5° (ancorchè favorito) nei 100 metri eppertanto un filino ‘in…cavolato’….

Oscar Wilde

Né vale (per i letterati richiedenti la liberalizzazione della citata parolaccia) ricordare che in Paesi civili quanto quello italico sono, da sempre, di comunissimo uso (pertanto pure sui loro quotidiani) parolacce tipo “Merde” (en français ma non si ritiene necessaria una traduzione) e “Coño” (parte intima delle señoras spagnole, assai appetita dalla stragrande mayor¡a  dei varones,  nel senso di signori maschi …).
Termina qui la mia crociata per lo sdoganamento della parolaccia. E beninteso, di parole da sdoganare, spiegare, ve ne sarebbero tantissime altre, quelle (ad esempio relative a  tasse e gabelle) sparate da Stato e Comuni sugli ignoranti cittadini (che, appunto, non ci capiscono un c…..).
E a umile contributo pro liberalizzazione dell’intimo organo detto anche Pisello chiudo citando una quasi drammatica vicenda vissuta personalmente tanto tempo fa (ritenendomi pertanto autorizzato a citare le dramatis personae mediante il loro nome e cognome).

Forte portoghese a Sao Tomè (& Principe…)

Quasi imberbi studenti liceali, io e l’Umberto Orsini ci ritroviamo in vacanza estiva in Val Vigezzo, ospiti del Gianni Cerruti. Venuta l’ora del pranzo, seduti a tavola, l’Umberto comincia a mangiare e tentando di parafrasare il galateo dellacasiano si rivolge alla signora Cerruti esclamando “Cazzo che buoni ‘sti spaghetti!” (idem nelle portate successive). Se non che, sfruttando l’ampio tempo concesso dal pomeriggio, il Gianni comunica all’Umberto che chez soi la parola “Cazzo” non era ancora stata sdoganata (mancava più o meno una ventina d’anni allo storico Outing zavattiniano). Dopodichè viene l’ora di cena, ci sediamo, arriva una bella cofana di minestrone, l’Umberto porta il cucchiaio alla bocca e dopo non più di una ventina di secondi si rivolge alla signora Cerruti commentando “Perbacco…. che buona ‘sta minestra!”.
Unico problema, il qui scrivente. A tavola dirimpettaio della signora Cerruti, preso atto che il “Cazzo!” pronunciato poche ore prima dall’Umberto si era trasformato in un oxoniano “Perbacco!”, fui colpito da un crescendo di risa + singulto, a tal punto che la signora Cerruti si ritrovò sul decolletè gran parte del minestrone da lei tanto amorevolmente ammannito.
“C….” che brutta figura feci quel giorno in Val Vigezzo…. .

per mondointasca.org