Buenos Aires, 2 aprile 2014 (giorno/dia del heroe nacional), ore 12…
Doverosa info pro lettori meno vecchi e scarsamente dotati di memoria. Nella primavera del 1982, ritrovatosi in crisi, il regime militare argentino tentò di risollevarsi ricorrendo alle solite rivendicazioni nazionaliste – come peraltro hanno sempre fatto, fanno e faranno tutti i regimi di questo tipo, e bene dicesi nell’idioma di Cervantes che ‘El Patriotismo es el ultimo reducto del canalla’, a ciò potendo solo aggiungere che ‘El nacionalismo se cura viajando’ -.
I generali al potere, pertanto, pensarono bene di invadere le atlantiche isole Malvinas. Che però, per non dire al contrario, per Mrs. Thatcher – la nota Lady di Ferro, che, come si disse anche a proposito di Mussolini, sembra che avesse sotto due maroni così – si chiamavano Falkland, per l’esattezza dal 1833 – ma a onor del vero un anno prima vi era approdato un vascello argentino.
Lady di Ferro e Generali dittatori
Sceso a metà mattina dal ferry che in un’ora ha attraversato il Rio de la Plata (madonna che acqua tristemente fangosa, pare ovvio, componendolo i due enormi e lunghissimi fiumi di nome Uruguay e Paranà) trasferendomi a Buenos Aires dalla uruguagia Colonia del Sacramento, decido di stancarmi facendo moto nel verde del parco del Retiro. I motivi del ricercato sfiancamento? La sera ho il volo Baires-Madrid-Milano, 12 ore per attraversare il Charco-pozzanghera, alias l’Atlantico, più altre 2 dalla capitale spagnola all’ex Milanesado, e visto come ormai si vola da e per il sud America nella un tempo chiamata tourist clas, oggidì più definibile classe sfigati, meglio salire a bordo stanchi mortissimi (dopodiché, accovacciato come un pollo in batteria le hostess ti sbattono il mangime in scatola e spengono la luce).
Ricordando la “Guerra” delle isole
Dalle parti del monumento eretto a ricordo della sullodata guerra vedo un certo trambusto e odo voci tipiche di una manifestazione politica o di un atto commemorativo. Come ovvio mi fiondo deciso verso l’assembramento e scopro che le Forze Armate dell’Argentina e chi da loro convocato, ricordano la data di inizio della suesposta Guerra de Las Malvinas. Mi affianco a cronisti e fotografi, ringraziandoli per sopportare un vecchio collega paraturistico brandente una umile macchinetta Samsung e indossante una depistante blusa con su scritto ‘Ecuador’ (qualcuno mi chiede cosa ci fa lì un paparazzo andino). Ascolto 3 o 4 (per fortuna brevi) discorsi di altrettanti generali e/o ammiragli, parlo con un paio di militari appena messi sul ‘riposo’ dai superiori, ammiro i bellissimi (ce credo, con la pampa affollata di bovini che possiedono in Argentina) stivali di un capitano di cavalleria (fantastico cuoio di colore bruno chiaro, eleganti lacci, luccicanti speroni), fotografo e parlo con un reduce in t-shirt (su cui, ça va sans dire, è sentenziato “Malvinas argentinas”). E infine punto e mi presento al più salutato, avvicinato, contattato, festeggiato, omaggiato personaggio della manifestazione, indossante un basco nero (e penso ai Berretti Verdi di John Wayne) e una maglietta altrettanto nera meglio facente risaltare una aurea, non vistosa ma chiaramente importante decorazione.
A contatto con l’Eroe Nazionale
Conosco Oscar Ismael Poltronieri “El Poltro” e divento subito suo amico (imperocché, commenta sentendo il mio cognome, “Somos del mismo palo”, con riferimento al Belpaese e precisandomi le sue origini liguri). E che amico! “El Poltro” mostra infatti una decorazione, “La Cruz de la Naciòn Argentina al Heroico Valor en Combate”, “unica” perché in precedenza mai concessa a un soldado conscrito (semplice). Sto parlando del Heroe del Monte dos Hermanas, perché Poltronieri (umilissime origini, padre poverissimo guardiano di bestiame nella pampa, lui sa solo montar los caballos a pelo e va a soldato analfabeto) su quella collina delle Malvinas salvò la sua compagnia proteggendone la ritirata (tenendo a bada, con una mitragliatrice, un battaglione di invasori – di storie, si sa, ne esistono sempre due – mandati dalla Thatcher).
Il “Clarìn” (storico quotidiano bonaerense) scrisse che dopo tanta gloria Poltronieri viveva “en la pobreza”. Spero che abbia rimediato qualche peso (ma non glielo ho chiesto, quanto è vile il denaro) dopo la recente uscita di un film narrante le sue gesta, “El Heroe del Cerro de Dos Hermanas”. Emozionato per questo incontro, gli stringo la mano, Hasta luego, El Poltro.
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