
Pizza Valtellinese (e pule buona) made in China (quindi con Blesaola e Palmigiano) ammannita in listolante (e vabbè) vigevanese (nella foto di copertina, il borgomanerese Tapulòn…)…
N.B. Il suesposto titolo scimmiotta il celeberrimo “A sud di Granada” di Gerald Brenan, grande libro che consiglio caldamente ai miei 2 o 3 lettori (se non che da un neoplauso appena emailatomi non escludo di aver aumentato la massa dei miei aficionados lettori dai probabili 3 a ben 4, alias un bel 33% “in più” che il ministro Alfano si bacerebbe i gomiti – dicunt in Emilia – pur di raggiungerlo…). Ad ogni buon conto, la scimmiottatura del titolo “A sud di Granada” si ferma lì, per il semplice fatto che (se proprio occorresse un paragone) dalla grande importanza letteraria del racconto di Brenan si scade alla mia scarna e scarsa elencazione di posti per certo meno eccelsi di Granada, e di mangiari oltretutto non degustati o, se mangiati, così così. Non tutta la narrazione, però, è ciarpame, nel senso che il cortese lettore può sempre memorizzare un paio di dritte su cose da mangiare (forse a Lui nuove) e posti dove mangiarle (ma ‘senza impegno’, neh?…)…. vedi sottolineature…..
In fede gpb …
Sabato 3 giugno, “ponte” (odio i “ponti”, con quei pirla, in quanto estremamente privi di fantasia, dei mezzibusto tivù che da sempre tirano fuori quell’immancabile cazzata delle località “prese d’assalto”, e io che non avendo voglia di prendere d’assalto niente e tantomeno chicchessia – oltre a mediamente circa 6 ore di coda in autostrada per 20 km – me ne sto a casa).
Starei pertanto in casa tutto il dì (c’è pure il Roland Garros, tennis) ma il Paolo ha bisogno di uno Scout; ma non nel senso di Boy (scout… per capirci, quelli che GB Shaw definì “Bambini vestiti da cretini guidati da etc etc …”). Uno Scout nel senso di una guida/esploratore tipo Davy Crockett, un conoscitore del territorio da attraversare, di lingua e costumi dei nativi, uno che, mentre lui guida, a sua volta lo guidi (credevate si parlasse dell’Alto Volta, eh?) ‘fino’ a Castellazzo Novarese, dal Baruffaldi ad acquistare il Gorgonzola (il primo che dice Zola lo mando affanculo, fosse solo perché lo dicono le sciurette nelle salumerie chic milanesi, e stessa sorte riservo a chi bofonchia di “dolce” e/o “piccante”, imperocchè il Gorgonzola era, e sempre dovrà essere, e solo sarà, “Naturale”. Ok?).
Ma eccoci alla mèta, e non tremi il lettore all’idea del kilometraggio percorso: non più di 45 max 46 km, se non che, Paolo (forse cominciò già da bambino) è letteralmente terrorizzato all’idea delle distanze da coprire, col risultato che, quando gli capita di doversi spostare (fosse solo) da un semaforo a quello opposto, non raramente lamenta “Fin là!” (angosciato grido di dolore ormai divenuto il suo nickname). Breve inciso, pro cultura del viaggiare, sulla destra della strada Casaleggio – Castellazzo (avevo fatto sbagliare strada al mio amico e a quel punto stavamo arrivando dalla parte opposta cioè Torino…) è il caso di buttare un occhio sul rudere (in mezzo alle risaie) di San Antonio, ormai solo edera sormontata da un campanile a mio parere non male (chieste ulteriori info – forse valgono la curiosità – al comune di Casaleggio, attendo fiducioso).
A Castellazzo Paolo compra il (me racumandi, già detto) Gorgonzola (per la sua drudasposa acquista quello “Dolce” e pure cremoso, ma come si fa? ci avrei messo sopra pure qualche pastiglia Valda e una spruzzata di magnesia Bisurata…) dopodichè il piano di volo prevede il proseguimento verso la vicina Proh (si legge Pru, vedi l’importanza di girare con un Scout?) a pappar Paniscia (indirizzo? c’è una sola trattoria, in compenso va visto, almeno da lontano, un bel castello vabbè non enorme). Ma mentre sono indeciso se concedere (444ma volta) una “prova d’appello” alla Paniscia (un risottesco intruglio, pesante condimento più verdure, mangiare novarese che proprio non ho mai capito, e dico mai) oppure recarci nella quasi adiacente Burgmanè (Borgomanero) a degustare (questo sì che è buono assai) il (vedi foto copertina) Tapulòn (stracotto d’asino, buono, e bella la leggenda delle sue origini…) mi arriva una telefonata dai miei antichi non meno che diletti Vitellon Friends di Novara. Alla faccia del “ponte”, informano, sono tutti al bar (fosse solo in ossequio alla mia teoria di non andare a intasare autostrade). Addio, pertanto, sogni di Paniscia o Tapulòn (aahhh, mangiare a Burgmanè: strarinomato il “Pinocchio”, e a me va anche, più che bene, la Trattoria dei Commercianti, e se si parla di vino, – siamo in una terra vocata, mica per niente Cavour se lo faceva mandare a Torino – il Mot Ziflon – e vabbè, nome strano – è buono assai).
Solo, che a Novara, verso le 12.37 gli amici scompaiono (mica siamo a Madrid, ma anche a Milano c’è chi talvolta si spinge a stare in giro fin verso le 13…) e io non so dove cacchio portare “Fin là!” a sfamarsi, datosi il suo status di rumagnòl eppertanto palato fino ed esigente. Si dà infatti il caso che, da ormai 70 anni, chi scrive attende che a Novara appaia messianicamente un posto dove mangiare “como diòs manda”- E prima dei citati 14 lustri lo stesso problema assillò il suo babbo, guarda caso concittadino (Lugo l’Eroica, per via del Baracca) del Paolo (perchè c’è palato e palato, e se in certi posti mangiano di tutto, altrove il Genius Loci ti rende giustamente più critico).
Non mi restava pertanto che convincere ”Fin là!” a spingersi (fino!!!) in Lomellina, laddove è però trascorso troppo tempo da quando i Visconti suggerirono ai sudditi la degustazione dell’oca (c/o il mitico-chic macellaio-ristorator Palestro a Mortara), mentre a Parona sono noti soltanto per i dolciumi (le Offelle) dopodichè non restano che gli asparagi di Cilavegna che sono pure buoni (facendo aggio sui bianchi veneti …) ma downtown la Main Square appare deserta. Tutto chiuso (era “già” mezzogiorno e 25′) e salvo un bar (ça va sans dire, ormai cinese) sembrava di vedere “Mezzogiorno di Fuoco”, da cui (forse) Gary Cooper (in Lomellina!) ma niente asparagi.
Per farla breve, il Gourmet Tour “A Ovest di Milano” da me ideato e diretto per gli sfizi palatali di “Fin là!” si conclude a Vigevano. Per la cronaca al ristorante “7.90” (!!!) laddove (nella testa dei padroni, ça va sans dire cinesi, ma n’è rimasta almeno qualche decina tra Canton e Pechino?) tanto curioso patronimico vuol solo significare il costo di una sia pur parca e veloce (che cacchio puoi pretendere? Le aragoste?) mangiatina (vedi foto).
E fu così, nella cinolomellinese Vigevano dagli occhi a mandorla, che il qui scrivente nonché sedicente gourmet non solo degustò una Pizza “Valtellinese” che però (preciso per professionale dovere) risultò buona assai in quanto (scusomi per il mio ‘basic mandarin’…) sapolita plofumata glàcie a oligano altli alomi pomodolo folmaggio palmigiano e blesaola.
P.S. Turisticamente parlando, l’esperienza nel sullodato “7.90” suggerirebbe di consigliare al nostrano mundillo della ristorazione e a quant’altri (a Milano ti tagliano i capelli per 5 euro…) di “darsi una mossa…” imperocchè, ormai, lontani i tempi di Emanuelli della “La Cina icina”, sono però arrivati i cinesi, e adesso sono cacchi nostri ….
per mondointasca.org
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